L’utilizzo di ampia portata della rete in maniera non adeguata è un segnale fondamentale delle situazioni difficili in cui ci troviamo: la comunicazione intergenerazionale e soprattutto la perdita dell’interesse per le cose durature. I ragazzi e giovani trovano difficoltà nei contenuti capaci di orientarli nel presente e nel progettare il loro futuro, così come rendere positivo l’incontro con gli altri. Abbandonate le strutture logico-deduttive e lineari, apprendono per “scoperta”, hanno un “ragionamento più libero”, dove prevale la modalità emozionale del momento, l’interesse per il “real-time”. L’immediatezza di recuperare informazione dalla rete e la condivisione con il gruppo sul web e sui social media fa diventare i ragazzi più fragili e dipendenti. Si tratta dei Nativi Digitali, cioè i giovani dai 13 ai 24 anni: socializzando in rete e adattandosi alle nuove tecnologie che utilizzano le diverse applicazioni in tempo reale hanno sviluppato un nuovo modo di pensare, di parlare e di comunicare.
Dagli anni Cinquanta agli anni Ottanta, le tecnologie hanno cominciato a diffondersi velocemente in tutto il mondo. La notorietà della rete negli anni Novanta ha introdotto una comunicazione di massa con il “World Wide Web”: “Internet” è diventata lo strumento base utilizzato da quasi tutte le popolazioni a livello mondiale e, in considerazione della comunicazione e delle informazioni provenienti da qualsiasi parte del mondo, è diventata lo strumento per comunicare in tempi rapidi (real-time). Inoltre la rete ha contribuito a cambiare l’economia, i saperi, le collettività, gli usi e costumi. Da allora la rete si preparava a uscire dalle mure domestiche, e nel 1991 i servizi internet si sono divenuti accessibili anche agli utenti comuni con il Word Wide Web (WWW). Dalle e-mail ai motori di ricerca, ossia “Google”1, in pochi anni il termine internet è entrato a fare parte di tutti i glossari, enciclopedie, e soprattutto della vita quotidiana di moltissimi utenti; perciò, con l’aumento del traffico internet su reti portatili, si è sviluppato un modo di apprendere molto diverso da quello delle generazioni precedenti, così avviandosi l’utilizzo indiscriminato della rete. Si ritiene oggi che ci si stia avvicinando alla saturazione, sfuggendo in questo modo al “controllo delle reti stesse”2; soprattutto per la popolazione giovanile, connessa nei cinque continenti.
I nativi digitali3 nascono e crescono con l’utilizzo delle tecnologie, ogni giorno: “apprendere per scoperte”, costruire oggetti: i bambini e poi gli adolescenti, con la diffusione di massa dei Pc, e dei sistemi operativi a finestre, possiedono maggior familiarità con le tecnologie; in altre parole, i giovani che nascono in una «società multimediale e virtuale» valutano la «scienza tecnologica» come un elemento naturale, fin da bambini e poi durante lo sviluppo del ciclo della loro vita, «passando a volte in questo modo molto tempo senza la fatica» che uno studio a memoria invece richiede; sviluppano altre modalità di impiego e di utilizzo delle nuove reti virtuali, che cambiano velocemente ogni giorno, risultando comunicazioni connotate da «fragilità digitale». Queste caratteristiche della rete riuniscono i giovani nella gestione strategica della comunicazione, e le infinite opzioni che la rete offre fanno anche emergere i «pericoli della rete». Nelle condivisioni di testi, video e immagini, i ragazzi sembrano «sottratti alla realtà che li circonda, perdendo la nozione del tempo», dato che dedicano moltissime ore davanti allo schermo, del Pc, TV. dei telefonini, dei tablet, o degli altri strumenti che loro hanno a disposizione. In questo modo si appassionano ma creano in sé stessi una «dipendenza dalla rete», risultando così non in grado di avvertire i pericoli prontamente, dato che i bambini e i giovani sono scarsamente consapevoli nell’analisi della valutazione delle informazioni, nella capacità di prevedere le conseguenze delle pratiche online, nell’avvertire i pericoli.
La sfida odierna è quella di attrezzare i bambini sin da piccoli, in ragione dell’età, con quegli «arnesi» necessari che li aiutino a prediligere e distinguere gli strumenti mentali, per sviluppare criteri di valutazione e di giudizio che li aiutino a pensare meglio, ad acquisire e ad elaborare nuove conoscenze, a definire e a risolvere i problemi e, non per ultimo, a prendere decisioni. Motivo per cui bisognerà tenere la massima attenzione sui siti più attraenti per bambini/e e ragazzi/e. Essi, infatti, partendo dalla curiosità tipica dell’età, sono attratti dalle novità, e possono quindi cadere nelle infinite trappole che la reti offrono. Occorre inoltre tenere conto delle fragilità che caratterizzano i ragazzi, i quali, molto spesso, non sono in grado di gestire autonomamente le strategie delle opzioni dei contenuti dei media, di una comunicazione molteplice, diversa, e soprattutto, in molti casi, ingannevoli. Si è già fatto moltissimo; ma si dovrà lavorare ancora, al fine di orientarli verso la dimensione dell’utilizzo, necessario, arricchente, creativo e formativo, ma «non eccessivo». Sono infatti le fragilità dei ragazzi nelle scelte delle connessioni virtuali che ci danno conto dei rischi ai quali sono esposti, e quindi bisognerà aiutarli al pieno orientamento nell’utilizzo di questi strumenti, sempre e comunque per difendere i nostri figli dai veri pericoli del web.
- La ‘generazione Google’ (1998) fa riferimento ai giovani cresciuti in un mondo pervaso dai media digitali.
- Nel 1992 s’inaugura il primo sito Web Italiano accessibile da Browser, creato dal Centro di Ricerca, Sviluppo e Studi Superiori della Sardegna.
- Nome scelto da Mark Presky (1985) nel suo articolo Digital Nativies, Digital immigrants.