La Cittadella di fortezze, torrioni, roccaforti monumentali di diverse dimensioni, costruiti in pietra e adobe nei pendii delle Ande, utilizzati per opporre resistenza ai continui intenti di “colonizzazioni” dalle diverse culture Pre-inca. Oltre a ciò, nella zona di kueláp, e Gran Pajatèn il culto ai morti fu un costume consolidato nell’antico Perù. I complessi e singolari sepolture del “Popolo delle nubi”. Tumulavano i propri morti in “Chullpas1 e nelle cime delle montagne, in posti quasi irraggiungibili; sono straordinarie le sepolture, incavate nelle rocce: “I Karajia” sarcofaghi antropomorfi: “Guardano imponenti verso l’orizzonte, dello splendido paesaggio Andino- Peruviano”.
I centri archeologici più rilevanti della cultura Chachapoyas sono: kueláp o Cuelàp e Gran Pajatén. In riferimento a ciò e nei territori dei chachapoyas si trova l’antica fortezza chiamata “Gran Pajatèn”, regione di San Martin, Provincia di Mariscal Caceres, scoperto nel 1963; chiamato Parco Nazionale del Rio Abiseo nel 1983. Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco nel 1990. Sito archeologico nel 1992. Dagli studi realizzati, si apprende che l’occupazione dell’area inizia prima del 200 anni a.C., nel bacino, fra i fiumi Marañón e Huallaga, nell’impenetrabile Amazonia peruviana.
Il “Popolo delle Nubi” costruirono monumenti di tipo circolare, rettangolare e quadrata nelle colline; sono 26 strutture in massicci muri in pietra, collocate nei pendii a forma di torrioni, collegate da numerose scalinate, riunite in gruppi d’alloggi. Le strutture degli edifici, decorate con disegni geometrici; le pareti arricchite da mosaici in ardesia e figure antropomorfe e a zigzag di serpenti, uccelli piegati e con le teste inclinate, tra cui il “Condor” considerato “divinità principale”. Le tombe funerarie oggi sono considerate “Las “Chullpas” o torri funerarie”, luoghi sepolcrale collettive o “necropoli”, i morti venivano collocati all’interno, in posizione fetale avvolti in stuoie, specie di fascia funeraria, e con le mani dinanzi al volto, all’interno sono disposte su uno o due piani, e posti con apertura verso l’est in relazione con il “Sole”; gli ingressi dà unica porta o finestra; costruzioni di questi tipi li troviamo nella penisola di “Sallustiani” e “Obrajes”2 adiacente a Puno – appartenenti alla cultura Aymarà.
Il culto ai morti e la concessione animista diffusasi in tutta la zona dell’Antico Perù convalidarono le credenze negli astri e il proseguire del modo di vivere dell’uomo oltre la morte terrena. Il ritrovamento nel 1992 di 26 tombe e altri 200 prodotti artigianali; in cui le sepolture di corpi posti sulla cima della collina in caverne naturali o scavi verticali nelle scogliere, in zone quasi irraggiungibile, custodivano “personaggi di alto rango” e altre sepolture “collettive” dove i corpi furono sistemati in posizione verticale e fetale fasciate con tessuti ornamentale. In essi i corpi sono sistemati in una specie di grande involucro o sarcofago a forma umana; costruito in argilla e bastoni di legno, avvolti in un telo sostenuto da corde congiuntamente a offerte di oggetti in ceramiche, collane in metallo e strumenti musicali. Dopo il ritrovamento, si creò un cimitero per ospitare i resti ritrovati nella località di Leimebamba nella “Laguna dei Condor” o “Delle mummie”, nella vale dell’Utcubamba,
I sette sarcofaghi, rivenuti dopo un terremoto, ognuno ha più o meno 2.5 metri di altezza, costruiti nelle scogliere sovrastante, quasi irraggiungibili chiamati “Purunmachos” o “vecchi Saggi”; le loro strutture ricordano il contorno di un corpo umano, fatti di argilla e dipinti di bianco, giallo, ocre e pigmenti rossi, in alcune veniva disegnato il contorno del viso, mettendo in risalto il dettaglio faciale in modo grottesco; invece all’interno i corpi sono in posizione fetale; insieme a doni in ceramiche, tipiche della zona. Alcuni dei Purunmachos: “I Karajia” sono unici al mondo a causa di teschi posizionati sulle teste dei sarcofaghi: di mento prominente, faccia appiattita e un enorme nasso; si pensa siano realizzate per omaggiare le azioni valorose dei “Guerriglieri delle nuvole”. I Karajia sarcofagi antropomorfi, vestigie; “Guardano imponenti verso l’orizzonte dello splendido paesaggio Andino; come a dire: “Siamo ancora qui! nel mondo eterno! come eterno e il nostro Dios Sol”.