Dalle Conclusioni del “Vertice di Lisbona” i capi di stato e di governo individuarono il ruolo fondamentale dell’educazione e della formazione per la crescita e lo sviluppo economico ed invitavano il “Consiglio di Istruzione”1 ad avviare una riflessione generale sugli obiettivi concreti futuri dei sistemi d’istruzione, che tenesse conto delle preoccupazioni e delle priorità comuni: “aumentare la qualità” e “l’efficacia dei sistemi di istruzione e di formazione dei cittadini nell’Unione europea”. “Aprire i sistemi di istruzione e di formazione al mondo esterno”, “avviare l’apprendimento permanente” e le prassi in materia d’orientamento, per la conoscenza, l’“efficienza e l’equità nell’istruzione e nella formazione”, la “creatività: crescita e l’innovazione”.
I Piani della programmazione digitale nascono quindi con il valido obiettivo di avvio verso il rinnovamento e trasformazione degli ambienti di apprendimento, ai fini di rendere «l’offerta educativa e formativa coerente» con i ritmi dei cambiamenti della società della conoscenza e le esigenze del mondo contemporaneo nell’utilizzo delle reti; avviando una attenta valutazione incentrata sulle preoccupazioni comuni e nel rispetto delle diversità nazionali. Includendo piani di formazione e di istruzione per diminuire il fenomeno dell’abbandono scolastico dei giovani che diventeranno genitori (formando i nuclei familiari) e per abbattere la «povertà educativa», tappa necessaria e indispensabile. Altrimenti i giovani, persone nate anteriormente alla nuova opportunità digitale, ovvero gli «immigrati digitali» (famiglie), resteranno indietro, rispetto ai cittadini del paese, e di conseguenza non riusciranno ad andare di pari passo con le innovazioni, creandosi così un vuoto, che può essere rischioso, creandosi differenze e discriminazioni, soprattutto per non restare indietro rispetto alle altre popolazioni dell’Europa e soprattutto oggi, nel controllo o nella supervisione delle attività digitali di loro stessi e dei figli.
Le incertezze e le difficoltà macroeconomiche degli anni 90 hanno fatto venire a galla l’urgenza di una unificazione dei piani europei. Il «libro bianco» di J. Delors del 1994 sullo sviluppo della concorrenza e l’occupazione costituì il primo passo verso una vera cooperazione a livello europeo. Infatti, il «Consiglio Europeo di Essen», identificava degli obiettivi fondamentali per migliorare gli sforzi e la competitività occupazionale; inoltre gli Stati si impegnano a seguire linee programmatiche in riferimento alle nuove conoscenze e formazioni orientate allo sviluppo delle risorse umane, migliorando la «formazione professionale» e la promozione dell’accesso alle riforme educative e di formazione che conducano alle «nuove conoscenze», alle «nuove professioni» e ai «nuovi lavori», basate soprattutto sulla promozione di manodopera qualificata. In questo modo le politiche avviate più di trent’anni fa furono considerate il motore dell’Europa della conoscenza. L’idea iniziale fu la speranza di un’Europa uguale e unita. Il rafforzamento delle politiche, dei sistemi e delle azioni in materia di «orientamento lungo tutto l’arco di vita» in Europa, la «ratifica dell’apprendimento formale e non formale», sono principi basati su efficienza ed equità nell’istruzione e formazione, rivolti alle persone adulte, con l’avvio di una formazione permanente.
Gli «immigrati digitali» sono persone nate prima dell’arrivo delle tecnologie digitali, da essi adottate in un secondo momento; un secondo gruppo sono coloro che hanno socializzato con le nuove reti successivamente e che utilizzano alcuni mezzi per comunicare. Un altro gruppo di persone sarebbero, i «tardivi digitali», ossia il «terzo gruppo»: persone cresciute senza conoscenze tecnologiche, a cui «guardano tuttora con indifferenza»; appartengono anche a questo gruppo coloro che utilizzano il telefono portatile usandolo come unico mezzo di comunicazione a distanza per “avviare e ricevere telefonate”. Questo gruppo di persone non ha interesse a sviluppare una capacità operativa nel web.
Invece, sarebbe interessante che l’indifferenza si trasforma in partecipazione e arricchimento e importante che queste persone comprendessero che la trasformazione della digitalizzazione rappresenta in definitiva un’opportunità straordinaria, un mezzo unico per le persone di agire, di comunicare e di integrarsi nel mondo del lavoro, trasformando non solo l’ambiente, le tecniche, i tempi, il linguaggio. Le nuove e numerose trasformazioni che si sono verificate hanno infatti cambiato negli ultimi anni in modo radicale il «mondo del lavoro e delle professioni», e anche l’interazione nel percorso di crescita, volto allo sviluppo delle conoscenze digitali e delle soft skills.2
- Percorsi realizzati dai ministri a partire dal 2000 -2010, sottolineando la necessità di disporre di nuovi quadri strategici.
- Soft skills, o competenze trasversali personali delle capacità relazionali: modo di agire e di fare che caratterizzano ognuno di noi e indicano il modo in cui ci poniamo. Dipendendo soprattutto dal background socio-culturale di ogni persona.