Negli ultimi 25 anni, i dati epidemiologici hanno costantemente mostrato livelli più elevati di cattiva salute e minori aspettative di vita negli uomini rispetto alle donne. Questo è in parte dovuto ai comportamenti rischiosi come il «fumo» e «consumo di alcol», che sono più comuni tra gli uomini che tra le donne e aumentano la probabilità di sviluppare ipertensione, malattie cardiovascolari e le malattie polmonari.
Conoscere le reali differenze di sesso e genere in termini di incidenza e letalità rappresenta il primo passo per investigare i meccanismi biologici e/o sociali alla base di queste differenze al fine di identificare strategie preventive e bersagli terapeutici specifici per uomini e donne. L’Istituto Superiore di Sanità ha sottolineato che per capire davvero quale sia il peso del sesso nell’infezione da Covid-19 dovremo attendere i dati definitivi divisi per sesso. Purtroppo non tutti i Paesi hanno fornito fino ad ora i dati in questo modo, per cui l’analisi si basa sui dati resi disponibili da Paesi europei come Italia, Grecia, Olanda, Danimarca, Belgio e Spagna ed extraeuropei (Cina, India, Pakistan, Filippine).1
«Lo studio sui contagi per Covid-19 e sulle differenze di genere sia ormonali che genetiche dimostra che le donne sono meno colpite degli uomini». I dati epidemiologici disponibili ad oggi mostrano una differenza di genere tra uomini e donne a proposito di rischio di infezioni e mortalità di Covid-19, a vantaggio delle donne ad esempio in Cina, il tasso di letalità dei casi confermati è pari al 4,7% negli uomini e al 2,8% nelle donne. L’ultima analisi dell’ISS, su un campione di 18.641 pazienti deceduti e positivi all’infezione da Covid-19, ha evidenziato che in Italia 6.339 sono donne (ossia, il 34% del totale) e che le donne decedute dopo aver contratto infezione da SARS-CoV-2 hanno un’età più alta rispetto agli uomini. Età media: donne, 83 anni; uomini, 79 anni.2
Il coronavirus non è uno solo. Come fanno anche altri virus, «continua a mutare», producendo diversi risultati, per esempio con riguardo alla diversa severità dell’infezione delle persone, nei Paesi che ne sono stati colpiti. E questo il risultato di una ricerca appena pubblicata da Li Laujuan, una dei più stimati ricercatori cinesi: La pandemia insomma può avere tassi di infezione e letalità diversi da Paese a Paese, e questa potrebbe essere una spiegazione delle differenze di genere, sebbene la mortalità dipenda anche da fattori come età, condizioni di salute.3
Secondo alcuni specialisti la dinamica attuale è un segnale positivo rispetto alla possibile seconda ondata “Il virus circola, ma è un’epidemia senza malati, Dunque e difficile sapere per il momento non emergono segnali chiari di un ritorno dell’emergenza. Al momento non esistono prove a sostegno dell’ipotesi che il virus sia meno aggressivo rispetto al pico di prima.4 Il virus circola tra i più giovane non c’è bisogno di cercare complicazioni complicate per questa differenza tra le curve. Il virus circola sicuramente a un livello elevato ma oggi si diffonde soprattutto tra i più giovani. E per questo che i casi grave sono relativamente pochi, le persone più arrischio, gli anziani, si proteggono meglio. La dottoressa Saint Antonine, Karen Lacombe, riferisce che l’avvenimento di una tesi secondo cui il virus sarebbe meno aggressivo o meno contagioso e del tutto infondato per il momento non si hanno datti su questo argomento.
La particolarità della situazione complica le decisioni politiche. Il fatto che il virus abbia causato pochi decessi nelle ultime settimane potrebbe spingere le autorità verso l’ottimismo, ma il rischio di una trasmissione massiccia nelle persone fragili, a cominciare dagli anziani, resta elevato. La percentuale di casi gravi e la mortalità sono sempre state strettamente legate all’età delle persone colpite dal virus. «Secondo Santè publique più del 92 per cento delle persone decedute aveva più di 65 anni» 5